venerdì 23 dicembre 2016

"Auto di lusso, orologi e gioielli in cambio di favori". In manette ex Parlamentare PDL

Alfonso Papa condannato a 4 anni: "Auto di lusso, orologi e gioielli in cambio di favori"

L'ex parlamentare ed ex magistrato Alfonso Papa è stato condannato a 4 anni e 6 mesi di reclusione dai giudici della prima sezione penale del Tribunale di Napoli, nell'ambito di un processo nato dalla cosiddetta inchiesta P4. L'uomo politico avrebbe chiesto e ottenuto da imprenditori denaro e regali, come auto costose, alloggi in hotel di lusso e orologi, in cambio di informazioni riservate su indagini in corso a loro carico. In alcuni casi, avrebbe promesso favori processuali.






I pm Henry John Woodcock e Celeste Carrano avevano chiesto 8 anni, contestando i reati di concussione per induzione, corruzione e ricettazione, ma per alcuni è intervenuta la prescrizione. Per il pm Woodcock, Alfonso Papa realizzò una sorta di 'azienda criminale' riuscendo, grazie ai suoi stretti rapporti con un maresciallo del Ros e investigatori della Guardia di Finanza, a ottenere notizie riservate su inchieste in corso e spendendo tali conoscenze per avvicinare imprenditori ed estorcere loro soldi, regali e favori di vario genere.

L'indagine è partita a giugno del 2011 quando Papa era ancora deputato del Pdl. A luglio la Giunta per le autorizzazioni della Camera diede il via libera alla richiesta dei magistrati partenopei e a ottobre Papa fu arrestato per poi essere scarcerato dopo 4 mesi di reclusione.


Amatrice, il sindaco sfida i parassiti: "Li invito ad uno ad uno a dormire nei container per capire cosa si prova"

Ennesima splendida iniziativa ideata dal sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi, che questa mattina è intervenuto su Radio Cusano Campus nel corso del format ECG. Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice, invita la politica sul territorio e lancia un appello che non dovrà assolutamente passare inosservato.


Sergio Pirozzi ha lanciato una nuova iniziativa per Amatrice: “Lancio un appello: il 27, il 28 e il 29 un deputato per ogni gruppo parlamentare venga a stare tre giorni insieme a me. Per accrescere le sue conoscenze e stare tutti insieme. Voglio dare questa opportunità straordinaria al Parlamento. Tutti insieme appassionatamente per tre giorni. Si dorme nei container, si fa un corso di formazione accelerato, per capire quello che succede quando c’è un dramma o disgrazia. Mi auguro che un parlamentare per ogni gruppo politico venga a stare tre giorni con me. Lancio questo appello, sarebbe una cosa straordinaria, in un momento in cui il popolo pensa che la politica stia distante dalla gente. Così i politici staranno al mio fianco, avranno un quadro a 360 gradi della situazione. Li invito a stare qui con me, tutti con gli scarponi, perché qui c’è il fango. Niente scarpe con i tacchi, niente scarpe con le suole. Stiamo insieme e lavoriamo. Questa può essere una grande esperienza umana per i parlamentari, che poi, non dimentichiamocelo mai, lavorano per il popolo”.
Il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, ha speso parole d’elogio per Renzi: “Con me è stato una persona squisita, mi ha ascoltato per diverse ore in diverse giornate, sia all’alba che di notte. Sono state riconosciute le nostre istanze, il 100% prima e seconda casa, il finanziamento del fondo commerciale che non c’è più a tempo, io penso che abbiamo il dovere di riconoscere, se siamo persone serie, l’impegno di un uomo. Il fatto che abbia dato al nuovo Premier, Gentiloni, la felpa di Amatrice sta a testimoniare l’attenzione di chi ci governa”.
Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice, ha annunciato che Gentiloni il 24 sarà ad Amatrice: “Il 24 il Premier sarà ad Amatrice, ci vedremo per la prima volta”.

mercoledì 21 dicembre 2016

Anche Nardella, il galoppino di renzi, comprò casa con tre assegni "fuorilegge". Ma nessuno s'indigna




Ci fu un Esposto contro Dario Nardella per una casa acquistata nel 2014. Si tratta di un appartamento in via del Paradiso che il sindaco di Firenze ha comprato insieme alla moglie Chiara Lanni dall’imprenditore Riccardo Frassineti pagato 530mila euro con tre assegni circolari: uno,  da 328mila euro emesso dal Banco di Napoli con sede in piazza del Parlamento, un altro dalla Bnl di Firenze e un terzo a favore della Banca Federico Del Vecchio (di proprietà di Banca Etruria).


Gli assegni hanno tutti importi superiori ai limiti di segnalazione agli organi di controllo per l’antiriciclaggio e l’immobile, soggetto ai vincoli dei beni culturali, non ha ricevuto alcun diritto di prelazione dal parte del ministero. Per questo il dipendente del Comune di Firenze Alessandro Maiorano ha fatto denuncia alla Guardia di Finanza per un possibile danno erariale.

SALA HA FATTO TRIS! ECCO LE 3 INCHIESTE CHE NESSUNO GLI RICORDA: ALTRO CHE SOSPENSIONE. QUESTO DEVE ANDARE A CASA!

Giuseppe Sala è tornato sindaco. Dopo quattro giorni, ha sospeso la sua autosospensione (giuridicamente insostenibile), dicendosi soddisfatto per l’incontro avuto in Procura generale dal suo avvocato, Salvatore Scuto: “Sereno e proficuo”, lo ha definito il legale. In verità, l’incontro è stato del tutto inutile, tanti sorrisi di circostanza e nessuna informazione sulle indagini, che i magistrati non possono dare. Non hanno offerto neppure garanzie su quando Sala sarà interrogato: lo decideranno loro. Quando mai chi indaga si fa dettare i tempi dall’indagato? Ma il sindaco di Milano doveva trovare un modo per uscire dall’impasse, dopo la strana autosospensione decisa d’impulso appena saputo di essere indagato. E allora la visita di Scuto in Procura generale è stata il pretesto da dare alla stampa per spiegare il ritorno.


In verità, Sala è indagato non una, ma tre volte. E lo sa. Perché tutto in questa storia è già stato scritto. Anche se i giornali, che su quel che succede a Roma hanno giustamente la memoria di ferro, tendono a dimenticare che cosa accade a Milano. Ecco dunque i tre procedimenti, noti, in cui il sindaco è sotto indagine.

La “piastra”.

Il primo è quello dell’indagine sulla “piastra”, il più grande degli appalti Expo, base d’asta 272 milioni di euro, per costruire l’infrastruttura di base su cui poi sono stati impiantati i padiglioni. Sala è accusato di falso ideologico e falso materiale, per aver retrodatato due verbali per la sostituzione di due commissari di gara che avevano il compito di scegliere l’azienda vincitrice. La Mantovani spa si impose nell’agosto 2012 offrendo, con un ribasso da brivido del 42 per cento, soltanto 165,1 milioni: una cifra che “non era idonea neppure a coprire i costi”, annotano gli investigatori, segnalando anche “numerose anomalie e irregolarità amministrative”, sia nella “scelta del contraente”, sia “nella fase esecutiva”.

La cifra è troppo bassa, ma Sala non bandisce una nuova gara, per paura di non finire in tempo i lavori. Preferisce accordarsi con la Mantovani concedendole senza gara nuovi lavori aggiuntivi che compensino il mega-ribasso iniziale. Per esempio, i 6 mila alberi di Expo sono stati pagati 4,3 milioni (716 euro l’uno), mentre la Mantovani li compra in un vivaio a 1,6 milioni (266 euro l’uno).

La Procura, che non aveva neppure iscritto Sala tra gli indagati, chiede l’archiviazione dell’indagine. Ma il gip Andrea Ghinetti non archivia, bensì fissa l’udienza preliminare per discutere le contestazioni. A questo punto, la Procura generale guidata da Roberto Alfonso avoca l’indagine, che passa al sostituto procuratore generale Felice Isnardi il quale iscrive Sala nel registro degli indagati e chiede altri 6 mesi di tempo. Ora sarà il gip Lucio Marcantonio a decidere se concederli o meno.

La casa in Svizzera.

La seconda indagine riguarda le false attestazioni di Sala che da amministratore di Expo aveva dovuto firmare il 19 febbraio 2015 un documento per la legge sulla trasparenza che terminava così: “Sul mio onore affermo che la dichiarazione corrisponde al vero”. Non aveva però dichiarato, tra le sue proprietà, una casa in Svizzera e, tra le sue attività, una società immobiliare in Romania e una azienda in Italia (Kenergy). Aveva anche ammesso la “proprietà al 100 per cento di un terreno sito nel Comune di Zoagli”: ma quel “terreno” in verità era una villa.

Dopo che il caso era stato sollevato da un articolo del Fatto quotidiano il 2 aprile 2016, Sala era stato iscritto, in gran segreto, nel registro degli indagati il 26 aprile. Il 24 giugno 2016 il Fatto aveva rivelato che Sala era indagato. Nessuna autosospensione. A luglio però il pm Giovanni Polizzi aveva chiesto al giudice delle indagini preliminari di archiviare il caso. La richiesta è ancora pendente davanti alla gip Laura Marchiondelli che non ha ancora deciso.

Così come la gip Ilaria De Magistris, che dovrà prendere una decisione sulla terza indagine, quella sulle monete di Expo, vicenda già sollevata nel novembre 2015 dal Giornale. Se le due giudici non accettassero la richiesta d’archiviazione della Procura, potrebbe intervenire anche in questi casi la Procura generale che potrebbe avocare le due inchieste come già quella sulla “piastra” Expo.

Le monete Expo.

Sandro Sassoli ha denunciato Sala per truffa il 12 ottobre dello scorso anno. Sassoli è l’amministratore unico della “Museo del Tempo srl”, società che il 14 dicembre 2011 aveva chiuso un contratto con Sala per la licenza esclusiva per le monete e le medaglie di Expo 2015. I gadget dovevano avere due canali di vendita, secondo quanto sottoscritto da Sala, con l’ausilio di tre suoi collaboratori, tra cui Piero alias Pietro Galli, direttore generale della divisione vendite, marketing e gestione di Expo e già condannato definitivamente a due anni per bancarotta fraudolenta, come rivelato dall’Espresso.

Ma Sassoli non otterrà mai quanto concordato, né all’interno dei padiglioni, né con la banca prescelta, Intesa, che si rifiuta di distribuire le monete. Nell’esposto è anche riportata la risposta arrogante con cui Galli, a nome di Sala, liquidò Sassoli che chiedeva chiarimenti: “Fateci causa! Preferisco avere un contenzioso con Museo del Tempo piuttosto che con Banca Intesa”.

Non solo, a fronte dei danni da 25 milioni di euro lamentati dall’azienda, Sassoli si è visto chiedere da Expo mezzo milione di euro come “minimo garantito” previsto dal contratto. Di qui il reato di truffa aggravata per Sala, Galli e altre due persone vicine all’allora commissario di Expo. Alla fine dell’ottobre 2015, il procuratore aggiunto Giulia Perrotti chiese l’archiviazione ma l’opposizione avanzata da Sassoli, assistito dall’avvocato Sergio Orlandi, fece slittare tutto all’udienza del gip del 22 luglio scorso. In pratica, Sala si è candidato sindaco da indagato anche per questa vicenda. E lo resta, in attesa della decisione del gip.



Tre processi (più uno)

1. Giuseppe Sala è indagato per falso materiale e falso ideologico dalla Procura generale di Milano, per aver retrodatato due verbali per la sostituzione di due commissari della gara per l’appalto della “piastra” Expo.

2. Il sindaco è ancora indagato anche per le sue false dichiarazioni sulle proprietà (casa in Svizzera, villa a Zoagli) e attività (società in Italia e Romania). La Procura ha chiesto l’archiviazione, ma la gip Laura Marchiondelli non si è ancora pronunciata.

3. È anche indagato per truffa per la vicenda delle monete Expo. Su questo caso, dovrà pronunciarsi la gip Ilaria De Magistris.

4. Ineleggibile? Accanto ai tre procedimenti penali noti, c’è anche un processo civile che ha per protagonista Sala. Alcuni cittadini milanesi hanno infatti chiesto al Tribunale civile se l’ex commissario Expo non sia ineleggibile alla carica di sindaco. Ha infatti firmato atti della società Expo spa come commissario di governo, in date successive alle sue dimissioni, consegnate il 15 gennaio 2016 con effetto dal 1 febbraio. Il 3 febbraio ha firmato il “Rendiconto 2015” dell’esposizione. E addirittura il 27 aprile 2016 la “Situazione dei conti Expo al 31 dicembre 2015 e 18 febbraio 2016”. Così, sostengono i cittadini ricorrenti, ha sospeso le sue dimissioni restando commissario di governo. Dunque ineleggibile.

GIANNI BARBACETTO

Jacopo Fo: "W il M5S, unica forza contro la Casta"

Il Movimento ha cambiato lo scenario della politica italiana.
Finalmente la Casta si è trovata a fare i conti con una forza politica in grado di contrastarla. Se non ci fosse stato il M5S a dare una risposta civile alla corruzione ci saremmo trovati con un Salvini o un altro Trump italiano come più votato.
E da quando i cittadini hanno dato la fiducia al M5S hanno messo in moto un sistema di controllo sulle scelte degli organismi decisionali dello Stato.
Per la prima volta un gruppo di eletti ha deciso di tagliarsi lo stipendio e restituirlo alla società, per la prima volta un gruppo politico ha rinunciato ai finanziamenti pubblici…


E se andiamo a vedere cosa è successo a Roma per la prima volta una dirigente di un gruppo politico, Roberta Lombardi, ha denunciato pubblicamente la pericolosità di un gruppo interno alla sua stessa organizzazione (Marra e compagnia) dopodiché è andata dai magistrati facendo seguire alle parole un esposto. È la prima volta che un esponente di un gruppo politico rinuncia a “tacere per il bene dell’organizzazione”…

E se c’è chi si stupisce del fatto che la Raggi sia in difficoltà… beh… Credo che sia infantile sperare che chiunque non sia in difficoltà nella gestione di un sistema incancrenito da decenni come quello romano. Destra e sinistra hanno orrendamente collaborato nel lasciar tracimare il malgoverno infettando ogni livello dell’amministrazione della città. Neanche Superman poteva risolvere velocemente la situazione…

Resta però il fatto che la Raggi ha brillato per un misto di leggerezza e cocciutaggine dimostrando di avere una concezione della politica lontana da quella che la maggioranza dei suoi elettori si aspettava. E resta il fatto che è notevole la percentuale di sindaci e di parlamentari scelti dal M5S che poi si sono allontanati o sono stati espulsi.
Quindi spero che nessuno si offenderà se dico che forse qualche cosa va migliorata.
E mi riferisco a una questione centrale per qualunque gruppo politico: come si formano e come si scelgono i dirigenti?
La qualità di un gruppo è determinata proprio da questa questione di metodo.

Nel convegno che a Firenze sancì la nascita delle Liste Civiche posi proprio questa questione. Si possono scegliere quelli che sono più bravi a parlare oppure quelli che sono più bravi a fare.
Proponevo di centrare l’iniziativa del M5S sull’azione diretta, impegnarsi nella creazione di servizi utili per i cittadini: gruppi di acquisto e altri sistemi di consociazione, supporto alle associazioni solidali, supporto legale alle battaglie per la difesa dei diritti e del territorio… Se uno dimostra di essere bravo nella gestione di queste iniziative può candidarsi… E guardando quel che ha realizzato, e come, puoi decidere se votarlo alle primarie web o no.

Allora il Movimento scelse un altro percorso. E devo dire che col senno di poi capisco perché venne scartata la mia proposta che necessitava di tempi e modi lenti e difficili. Si scelse di puntare tutto sulla comunicazione e sul dare una risposta alla rabbia. Rovesciare il tavolo della politica italiana venne reputato più urgente dell’intraprendere la costruzione di un’organizzazione strutturata sulla capacità di azione capillare sul territorio. E il successo del M5S dimostra che la questione che ponevo non era allora prioritaria.

Ma oggi continuare a non selezionare i candidati sulla base delle capacità di gestione di iniziative concrete sarebbe suicida. Gli elettori possono perdonarti una volta l’errore di avere scelto un candidato totalmente inesperto, non te lo perdonano due volte.
E credo sia necessario anche che chi si è distinto nella pratica dell’azione diretta sul territorio poi debba anche ricevere una formazione adeguata: il M5S ha urgente bisogno di creare una scuola di pubblica amministrazione.
E ha anche bisogno di creare un centro di consulenza tecnico legale per supportare sindaci e parlamentari. È assurdo che i sindaci debbano studiarsi da soli strategie energetiche e culturali, delibere e percorsi burocratici: si fa lo stesso lavoro decine di volte. È uno spreco energetico!

Infine credo che se si scegliesse di mettere al centro dell’iniziativa del M5S l’azione diretta sarebbe un gran bene. Il M5S dimostrerebbe fuori dal parlamento e dei consigli comunali la sua capacità di fare e quindi aumenterebbe la sua credibilità come forza di governo.
Volete vincere o no?

Jacopo Fo per "IlFattoQuotidiano"

Elezioni più lontane? Ovvio, nei sondaggi vola il M5S e tracolla il PD. Ecco i dati

erché Silvio Berlusconi afferma che non ha alcuna fretta di andare al voto? Perché anche il Partito Democratico, nonostante le parole di Renzi di domenica scorsa sul Mattarellum, rinvia la discussione sulla riforma sulla legge elettorale a dopo il pronunciamento della Consulta? C'è un motivo che lega le risposte a questi due interrogativi. Un motivo rigorosamente 'top secret', di quelli che ufficialmente nessun politico - almeno di Pd e Forza Italia - ammetterà mai.

I sondaggi riservati, quelli che non appaiono sui media ma che restano nelle segreterie dei partiti danno risultati "altamente preoccupanti". Ovviamente preoccupanti per Renzi, Berlusconi, il presidente Mattarella e le istituzioni europee. Il Movimento 5 Stelle, nonostante la tempesta sulla giunta capitolina di Virginia Raggi, viene dato nettamente come primo partito ben oltre il 30% mentre la Lega di Matteo Salvini sarebbe balzata dopo il No al referendum costituzionale oltre il 15% e, insieme a Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni, supererebbe addirittura il 20%. Il tutto con il Pd sotto il 30% e Forza Italia tornata al 10 (se non meno).

Altro che legge elettorale "omogenea", come ripete il Capo dello Stato, o crisi del sistema bancario, il vero motivo per cui i partiti principali hanno deciso di ritardare il più possibile il ritorno alle urne è l'avanzata fortissima delle due forze di opposizione al sistema. Un timore condiviso anche dal presidente della Repubblica, dall'Unione europea e dalla Banca Centrale Europea. Ed ecco che il governo Gentiloni, da esecutivo elettorale e a tempo, acquisisce sempre più i connotati di un'esperienza che potrebbe realmente durare fino al termine della legislatura, previsto nel 2018.


FONTE:
http://www.affaritaliani.it/politica/elezioni-piu-lontane-ovvio-volano-m5s-lega-e-crollano-pd-forza-italia-455457.html

martedì 20 dicembre 2016

Il Pd farebbe bene a tacere su Marra: fu Marino a promuoverlo e Napolitano lo fece commendatore

Nei giorni scorsi si è parlato molto di Raffaele Marra, dirigente del Comune di Roma arrestato con l’accusa di corruzione, e del suo rapporto con la sindaca della Capitalia Virginia Raggi, che lo aveva scelto come capo del personale.

I media e i partiti hanno messo in luce l’errore della Raggi, dimenticando però di raccontarci dei suoi rapporti con gli altri partiti. Soprattutto col Pd.

Per fortuna, però, c’è rimasto qualche giornalista onesto. Come il vicedirettore di Libero Franco Bechis, che scrive:
“Per l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino, che lo ha spiegato l’altro giorno in una intervista al Fatto Quotidiano, Raffaele Marra avrebbe fatto parte di quel mondo opaco che lui aveva fatto fuori alla sua epoca. E che è rispuntato come un topino appena gatto Marino fu fatto fuori dal Pd. «Fra Marra e Raggi», ha raccontato l’ex sindaco marziano, «c’ è un rapporto di lunga durata. Io lo avevo relegato in un ufficio senza poteri esecutivi. Leggo che in quel periodo Marra entrò in contatto con i grillini. Immagino che, una volta eletta sindaca la Raggi, si sia sentito in diritto di incassare un posto centrale nell’ Amministrazione comunale».


Naturale che dopo l’arresto di Marra sia un piacere per Marino appuntarsi una medaglia sul petto. E di medaglie in questa vicenda ne sono girate parecchie. Questo però proprio non esiste, nemmeno di latta. Marino non solo non fece mai fuori come rivendica il dirigente del comune di Roma ora finito in manette.

Ma fu lui a promuoverlo e a toglierlo dalla naftalina in cui era finito nelle ultime settimane di Gianni Alemanno sindaco. Alemanno ha raccontato di avere rotto infatti con Marra nel 2010 «perché voleva avere dei ruoli che non gli potevo dare. Voleva stare nel Gabinetto del sindaco, ma non lo ritenevo maturo. Ci fu una rottura e andò con altre amministrazioni».

Marra infatti transitò in Rai grazie a una consulenza, e poi fu preso per qualche tempo dall’allora presidente della Regione Lazio, Renata Polverini. Anche lì terminò l’incarico e dovette ritornare al comune di Roma dove era distaccato. Non essendo più nelle grazie di Alemanno, ma restando pur sempre dirigente, fu assegnato a una di quelle direzioni un po’ finte che si creano proprio per risolvere casi di questo tipo. Infatti non esisteva, e veniva chiamata «ufficio di scopo».

Aveva il compito di «definire il modello e gli strumenti di cooperazione con le associazioni dei consumatori». Marra sarà stato in quell’ufficio ad elaborare modelli per relazionarsi meglio con Carlo Rienzi o qualche altro capo di associazioni di consumatori, ma lì schiumava rabbia, perché era come essere relegato in uno scantinato a girarsi i pollici.

Fino a quando non è arrivato il suo salvatore, dalla memoria assai corta e labile.

Perché a tirarlo fuori dalla polvere e innalzarlo sugli altari del potere fu proprio il sindaco marziano, Ignazio Marino. Fu lui a firmare l’ordinanza del sindaco numero 26 con cui diede un incarico dirigenziale vero a Marra, dandogli la guida di una direzione esistente all’interno del dipartimento risorse umane sulle relazioni sindacali e la formulazione del contratto decentrato e dei sistemi premianti, e alla direzione era stata assegnata anche la delega sul «trattamento giuridico-contrattuale-disciplina».

Altro che avergli tolto potere, Marino diede a Marra il potere di decidere il contratto decentrato e i premi da assegnare ai dipendenti del comune di Roma. Una posizione strategica per costruirsi una rete interna al comune. Ma quando uno finisce nei guai è normale che le memorie di chi invece lo aveva elevato agli altari diventino improvvisamente annebbiate.

D’altra parte sugli altari Marra era stato portato da tanti. Anche dall’ ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che due volte gli concesse a sua firma altrettante onorificenze: commendatore dell’ ordine al merito della Repubblica italiana, e attestazione al merito della sanità pubblica.

Marra che fu riportato sugli altari da Marino prima ancora che con la Raggi, rafforzò il suo potere anche nel periodo in cui il sindaco marziano finì in disgrazia, facendosi distaccare dal comune a un corso di aggiornamento presso l’Università di Salerno. Secondo molte testimonianze raccolte interne al Comune, però in quel periodo quando c’era bisogno di cercare Marra raramente lo si trovava a Salerno. Il suo telefonino rispondeva spesso dall’estero, perché si trovava gran parte del tempo a Malta.

Lì si riuniva a uno dei suoi fratelli, Catello Marra che ancora oggi guida con la carica di governatore centrale la Iodr – International organization for diplomatic relations.

Uno strano centro di potere, che spesso faceva le sue riunioni in Italia, ma anche a New York e a Miami.

Dai video che esistevano sul sito dell’ organizzazione, e che improvvisamente dopo l’arresto di Raffaele sono stati cancellati, si intravedevano alle varie cerimonie in alta uniforme personaggi della diplomazia italiana, e alti ufficiali dell’ esercito italiano e delle forze di polizia. Relazioni che evidentemente sono servite anche al dirigente del comune di Roma per costruire e rinforzare il suo potere.

Insomma, Marino resuscitò Raffaele Marra. E Napolitano lo nominò commendatore. Ma questo ai cittadini non è dato saperlo: i criminali dell’informazione buttano fango solo sul M5S, che a Roma sta mettendo in crisi i poteri forti.



Attaccare la Raggi per colpire Di Maio ed il M5S: Quest l'obiettivo dei parassiti e i loro media

“Tutti i nodi vengono al pettine”. “Quando c’è il pettine”, aggiungeva Leonardo Sciascia in Nero su Nero (Einaudi); parlava della giustizia in tempi difficili forse più di quelli odierni. Cosa avrebbe detto dell’intricata vicenda romana che vede protagonista Virginia Raggi? Il pettine della magistratura è all’opera e i nodi del malaffare oggi sono sotto gli occhi di tutti: Raffaele Marra – “sempre a disposizione” – e il costruttore Scarpellini sono in carcere. Arriverà un avviso di garanzia anche alla sindaca? Tema complesso: 1. L’accusa che ha colpito Marra (corruzione) risale ad anni lontani: Raggi che colpa ne ha? 2. La sindaca conosceva Marra da tempo, l’ha difeso e voluto come potente collaboratore, è colpevole perlomeno della sua scelta: attingere dagli uomini di Alemanno non è stato saggio, è saltata la discontinuità. Raggi ha ammesso l’errore. Basta? Se riceve un avviso di garanzia deve dimettersi?


Sono domande importanti, che, nel loro insieme, spiegano la complessità e i lati oscuri della vicenda romana. Nelle prossime ore gli imputati saranno interrogati in carcere; l’inchiesta potrebbe allargarsi, se Raggi verrà indagata – con accuse politicamente significative – dovrà dimettersi (c’è poco da valutare) e sarà dura per i 5Stelle evitare le ricadute sul Movimento: Roma è questione nazionale.

E’ questa l’altra partita, quella decisiva: da mesi si attacca la sindaca – che ha commesso errori, certo – per colpire Di Maio. Il M5S è in testa ai sondaggi: c’è occasione migliore del caos romano per demolirne l’immagine? Se i 5Stelle non sanno gestire una città, sapranno gestire lo Stato? E’ la domanda – declinata in mille modi – che circola negli editoriali di Repubblica, Corriere, Stampa, Messaggero. Eccetera. I giornaloni non parlano d’altro anche quando scrivono di Milano (“La questione Sala è delicata. Sì, però, la vicenda romana…”). E’ un infinito argomentare su Roma. Un’ossessione Roma. Un continuo e martellante e ipocrita “L’avevamo detto”. Il campione di questo stile di pensiero s’è rivelato Mario Calabresi: Repubblica ha denunciato dall’inizio e per questo “siamo stati criticati, accusati di essere partigiani, non obiettivi e di farlo per partito preso

" GLI ITALIANI VI PRENDONO A CALCI NEL CULO" CAOS IN AULA! DEP DEL M5S MASSACRA LA CASTA

GLI ITALIANI LI PRENDEREBBERO A CALCI IN CULO
Non imparano mai, non ce la fanno, non è nelle loro corde ascoltare ciò che i cittadini vogliono.
Dopo la batosta al referendum, quando gli italiani hanno bocciato in pieno le politiche renziane, questi vengono in aula e ripartono con la tiritera del "quest'opera è strategica e va fatta" oppure "il Paese ha bisogno di cambiamento" riferendosi al TAV.
Che gente! Mai che si chiedano se gli italiani vogliano o meno un'opera, non gli interessa nemmeno, loro sono superiori a tutti. Di questo passo arriverà il giorno in cui il popolo passerà dalla matita ai calci in culo, fino ad allora noi proveremo a trasformare questa sana rabbia in buona politica, speriamo di farlo, un giorno, da Governo!




Un emigrato italiano scrive una lettera a Poletti e lo umilia

Caro ministro Poletti,
sono un italiano fra quelli che lei stesso dice “si sono tolti dai piedi”.
Ci si aspetterebbero parole diverse da un ministro della Repubblica italiana, non un linguaggio da osteria, ma proposte e soluzioni perché i giovani emigrati possano tornare in Italia.
Ecco la domanda per lei: cosa ha fatto affinché i giovani costretti ad andarsene dal proprio Paese per dare una vita dignitosa a se stessi e alle proprie famiglie possano ritornare?
Risponda, invece di insultare costantentemente chi è alla ricerca di un futuro migliore di quello che il vostro governo dice di garantire al Paese.



Le sue parole risuonano intrise di un’arroganza e una tracotanza maldestra rispetto a come si dovrebbero trattare persone che con estrema umiltà hanno impacchettato le proprie cose, racimolato il coraggio che ci vuole per lasciare il proprio Paese natale e la propria famiglia, e sono partiti, molto spesso da soli, molto spesso per andare lontano, in Paesi che hanno tradizioni diverse dalle nostre, ma che garantiscono un futuro lavorativo.


Sì, signor ministro, ci sono italiani che non vanno in vacanza all’estero, ma che all’estero lavorano e con grande tenacia dimostrano che, nonostante in Italia ci siano ministri senza lauree né qualifiche specifiche relative al loro dicastero, ci sono italiani che qualifiche e abilità professionali ne hanno invece da vendere, e che lavorano spesso molto di più dei cittadini del Paese che li ospita: tutto questo per dimostrare di essere al loro livello.

Caro Poletti, la inviterei a incontrare qualcuno di questi lavoratori silenziosi, che invece di fare dichiarazioni roboanti, preferisce far parlare di sé tramite il lavoro e gli apprezzamenti che riceve nel proprio ambito professionale. Sono sicuro che lei dall’alto della sua posizione sa già tutto questo e non ha bisogno di consigli da parte di noi poveri “pistola” che “si sono tolti dai piedi”.
Infine, la invito a riflettere sulle sue parole che tanto sdegno hanno causato in me e in tutti coloro che si sono sentiti insultati solo per aver deciso di non sottostare alle regole, spesso dure e imbarbarite, del mercato del lavoro italiano, decidendo di trasferirsi all’estero. Dopo aver fatto questa analisi, per favore, tragga le debite conseguenze, e si chieda se un ministro della Repubblica che si rivolge ai suoi cittadini in questo modo possa ancora esercitare la sua carica in maniera degna.
Distinti saluti.

Un emigrato “toltosi dai piedi”


De Luca fa un regalino ai suoi: vitalizi anche agli assessori

Emendamento alla norma che doveva sopprimerli: pensione (cumulabile) da 700 a 1.500 euro per chi siede per cinque anni in consiglio o in giunta



C'è un George Orwell che si aggira tra Palazzo Santa Lucia e il Centro Direzionale di Napoli. Nel suo capolavoro, 1984, il ministero della Pace organizzava la guerra. Nell' amministrazione della Regione Campania, scrive il Fatto, retta dal governatore Pd Vincenzo De Luca, domani andrà in discussione il maxi-emendamento della legge di Stabilità con un articolo intitolato "soppressione del sistema vitalizio", ma che di fatto lo reintroduce. Come chiamare altrimenti una "pensione" che matura dopo appena 5 anni da consigliere e assessore regionale



lunedì 19 dicembre 2016

"DOVEROSO FARE AFFARI CON CHI FINANZIA L'ISIS". FATE GIRARE QUESTO VIDEO DI RENZI

Sarah Varetto, a SkyTG24, lo mette un po' sotto pressione. Mica tanto, solo una domanda ripetuta due volte, per non farlo scivolare via: "Noi abbiamo la certezza di non fare affari con chi sottobanco sta finanziando l'ISIS?". E lui, dopo mezz'ora di intervista condotta con il solito tono borioso e sicuro di sé, perde la lucidità e risponde che, a livello di Stato, non facciamo affari con chi finanzia l'Isis. Poi, "Che ci siano imprenditori che possano fare dei business in quei paesi mi sembra del tutto doveroso".

E poi inizia a vantarsi dei suoi rapporti con l'Arabia Saudita. Ma lo sa, Renzi, che sono proprio gli USA ad avere certificato, nero su bianco, in un rapporto della loro intelligence datato 2012, che sono i loro alleati nel medio oriente a finanziare l'ISIS, e loro non sono riusciti a farli smettere? E a chi si riferiva, l'intelligence americana, se non anche l'Arabia Saudita, che ha comprato 60 miliardi di armamenti dagli USA?
Fate leggere a Renzi questi documenti: http://www.byoblu.com/post/2015/11/16...


IL DIRETTORE DE "L'ESPRESSO" DIFENDE IL M5S E LA SOVRANITA' POPOLARE! DIFFONDETE

Tommaso Cerno, direttore de L'Espresso, si accalora e sostiene con passione la causa della sovranità popolare e del diritto dei cittadini di esercitarla attraverso il voto, e difende anche la posizione del Movimento 5 Stelle rispetto alla lotta che sta conducendo dentro e fuori dal Parlamento





Bufera a La7, Giornalista attacca i suoi colleghi: "Basta fare il tifo!"

“I giornalisti dovrebbero smetterla di fare i tifosi e di avere due pesi e due misure. E non solo a Roma, ma anche a Milano” – Così Gianni Barbacetto de Il Fatto Quotodiano  a Omnibus su La7, dopo le polemiche sulla giunta capitolina del sindaco Virginia Raggi. “Stai dicendo delle sciocchezze” – ribatte la firma del Corriere Aldo Cazzullo. “Comincia da Travaglio” – replica il deputato Pd Stefano Esposito, e rilancia: “Barbacetto sottolinea una disparità di trattamento tra quello che lo stesso giornalista diceva 2 anni fa sul coinvolgimento nell’affare Expo dell’allora candidato sindaco del Pd Giuseppe Sala e la sindaca di Roma – “Io ho visto giornali che hanno fatto il tifo per Sala come il giornale di Cazzullo. Voi avete la rubrica ‘Casa Sala'”


Vergognoso Poletti: “Giovani italiani vanno all’estero? Alcuni meglio non averli tra i piedi”

Il ministro parla dei giovani che espatriano: "Non è che qui sono rimasti 60 milioni di pistola". E quando le sue parole diventano un caso rilanciato da agenzie e social, fa dietrofront: "Mi sono espresso male". Critiche da sinistra. Civati: "Incommentabile". Vendola: "Si tolga dai piedi lui"


Centomila giovani se ne sono andati dall’Italia? Sì, ma “non è che qui sono rimasti 60 milioni di pistola. Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi”. Anzi, no, “mi sono espresso male: penso, semplicemente, che non è giusto affermare che a lasciare il nostro Paese siano i migliori e che, di conseguenza, tutti gli altri che rimangono hanno meno competenze e qualità degli altri”. Se Matteo Renzi aveva bollato più volte la fuga dei cervelli come mera “retorica”, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, cala l’asso e dice di peggio. Salvo poi fare dietrofront una volta che la notizia viene rilanciata sulle agenzie e, immancabilmente, a valanga sui social.

Ecco le prime dichiarazioni. Fase uno a ruota libera: Poletti parla con i giornalisti a Fano della fuga dall’Italia di tanti ragazzi in cerca di occupazione, poche ore dopo avere commentato il boom dei voucher. Che hanno gonfiato le file dei precari. Prima saluta con sollievo la fuga di alcuni che il Paese non avrà più “tra i piedi”, poi prosegue: “Intanto bisogna correggere un’opinione secondo cui quelli che se ne vanno sono sempre i migliori. Se ne vanno 100mila, ce ne sono 60 milioni qui, sarebbe a dire che i 100mila bravi e intelligenti se ne sono andati e quelli che sono rimasti qui sono tutti dei ‘pistola‘. Permettetemi di contestare questa tesi“. Detto questo, ha concluso il ministro del Lavoro, “è bene che i nostri giovani abbiano l’opportunità di andare in giro per l’Europa e per il mondo. E’ un’opportunità di fare la loro esperienza, ma debbono anche avere la possibilità di tornare nel nostro Paese. Dobbiamo offrire loro l’opportunità di esprimere qui capacità, competenza, saper fare”.

Succede però che le sue parole rimbalzano ovunque: in agenzia, sui social. Con commenti durissimi: si va dagli utenti disgustati che chiedono le sue dimissioni e che a levarsi dai piedi sia lui, fino a chi gli rivolge il francesismo coniato da Giachetti per Speranza. Arrivano anche gli attacchi dei colleghi di sinistra. Civati: “Visto che i giovani hanno votato in massa no al referendum costituzionale, la linea di Poletti è quella di fargliela pagare con dichiarazioni insulse e rancorose, di bassissimo profilo trattandosi di un ministro della Repubblica. Incommentabile”. Poi c’è Vendola, che ricorda al ministro come “la fuga all’estero di centinaia di migliaia di giovani” sia “un drammatico impoverimento del Paese”. Non solo: “Il ministro Poletti – continua – dice che va bene se ce li togliamo dai piedi. Penso che andrebbe bene se ci togliessimo dai piedi il ministro Poletti“. Allineata alla sinistra anche Barbara Saltamartini della Lega: “A voler adeguarci al linguaggio del signor ministro del Lavoro si potrebbe dire che il vero ‘pistola’ è lui, considerando il tenore delle sue affermazioni. Ora la colpa è dei giovani che sono andati all’estero per cercare lavoro e non di un governo di ciarlatani“.

Poi, però, Poletti fa dietrofront. “Evidentemente mi sono espresso male e me ne scuso – dice -. Non mi sono mai sognato di pensare che è un bene per l’Italia il fatto che dei giovani se ne vadano all’estero. Penso, semplicemente, che non è giusto affermare che a lasciare il nostro Paese siano i migliori e che, di conseguenza, tutti gli altri che rimangono hanno meno competenze e qualità degli altri. Ritengo, invece, che è utile che i nostri giovani possano fare esperienze all’estero, ma che dobbiamo dare loro l’opportunità tornare nel nostro paese e di poter esprimere qui le loro capacità e le loro energie”. Parole tardive, che arrivano dopo dichiarazioni che per tanti rimangono “incommentabili”. Vale la prima, non le scuse. E per gli utenti su Twitter la soluzione è una sola: le dimissioni.


Straordinaria vittoria a Livorno: AAMPS risanata, salvati migliaia di posti di lavoro

Con un comunicato su Facebbok il sindaco di Livorno, Filippo Nogarin annuncia una grandissima vittoria del M5S e di tutti i liornesi.
Riportiamo il virgolettato:








"AAMPS: SERVIZI PUBBLICI A 5 STELLE
Avevamo promesso che, attraverso il concordato preventivo in continuità, avremmo risanato Aamps. Stiamo andando oltre le aspettative e i primi numeri sono straordinari: in pochi mesi il valore della produzione è cresciuto di oltre 500mila euro rispetto alle previsioni contenute nel piano di concordato, mentre i costi si sono ridotti di oltre 1,5 milioni di euro grazie a politiche di efficientamento negli acquisti e nella gestione del personale. Molti lavoratori che prima erano inidonei, sono tornati in servizio
Con il risultato che oggi Aamps ha 11 milioni di euro di liquidità e già nel 2017 potrà saldare i propri debiti con tutti i creditori privilegiati, e con una parte dei piccoli creditori che devono incassare somme inferiori ai 250mila euro. Il tutto con quasi un anno di anticipo rispetto a quanto previsto nel piano di concordato. Ma chi dice tutto questo? Il sindaco? Il Comune? Il Consiglio di Amministrazione?
No, lo ha messo nero su bianco il commissario giudiziale incaricato dal Tribunale fallimentare di Livorno.
La nostra decisione di procedere con il concordato in continuità sta dunque realmente producendo un risanamento della società. Che non ci sarebbe stato se avessimo seguito la tradizionale e ingiusta strada della ricapitalizzazione, facendo pagare le inefficienze ai cittadini.
Come è ovvio, il cammino non è ancora concluso - manca il giudizio dei creditori che si esprimeranno a partire dal 21 dicembre - ma oggi possiamo dire che, sul piano del risanamento, siamo sulla strada giusta.

Tutti attaccano la Raggi, ma a nessuno importa dei romani

“I Romani nella loro disperazione si erano affidati a questi come all’ultima speranza. E ora…”.
Roberto Giachetti, Pd (La Repubblica)

Venerdì 16 dicembre, mentre Raffaele Marra (descritto come il Rasputin maneggione della giunta Raggi) veniva condotto a Regina Coeli, sui giornali romani si leggevano le seguenti notizie. “L’Authority per i servizi pubblici: Capitale sporca, bus e metro lenti”. “Assunsero parenti e amici, condannati gli ex vertici Atac”. “Testaccio, topi tra i lettini. I Nas chiudono la maternità”. “Maxi truffa al Mise le società fantasma del cassiere del Nero”. “Shopping di Natale, crollo di vendite, l’ira dei negozianti”. Si tratta di piccoli e grandi orrori attribuibili soprattutto a chi ha governato “prima” la città e forse anche al solito scaricabarile amministrativo (Regione, Provincia eccetera).


Una cosa è certa: la “disperazione” dei romani di cui parla il Pd Roberto Giachetti (sconfitto dalla Raggi nella corsa a sindaco) viene da lontano. E, ne siamo convinti, ai poveri cittadini dell’Urbe che da tempo immemorabile ogni mattina si muovono, per esempio, nel vietnam del Gra o sulla gruviera del manto stradale metropolitano importerà zero sapere se dovranno maledire di più, per dire, Alemanno o Marino. Oppure il Pd di Matteo Renzi (e di Giachetti) che pensò bene di cacciare (dal notaio) la giunta del Marziano, infischiandosene del voto dei romani in tal modo spianando la strada al trionfo dei 5stelle.


Ora che l’“ultima speranza” rischia di naufragare sulla solita finta storia di appartamenti e mazzette, il dibattito è tutto incentrato sull’ombelico della politica. Sul togliere o meno il simbolo M5s alla Raggi, sulle epurazioni dei fedelissimi della sindaca, sulle ruggini tra le varie anime del Movimento e sul conseguente regolamento di conti interno. Mentre le opposizioni, da destra a sinistra, non si fanno mancare nulla e praticano lo sport preferito di bastonare il cane che affoga.

 Un gigantesco chissenefrega sembra risuonare sulle condizioni di vita quotidiana dei quasi tre milioni di cittadini romani. Quanto ai 770mila “disperati” che sei mesi fa si affidarono all’ultima speranza Virginia, neanche a parlarne. Continuando così il Campidoglio diventerà un lugubre museo delle cere. Tanto non interessa nulla ai vari giornali ed opposizioni dei problemi di Roma, l'importante è "massacrare" Virginia Raggi, sindaco votata dal 70% dei romani. Ma per favore...

domenica 18 dicembre 2016

SALA INDAGATO? ERA GIA' INCANDIDABILE, MA I TG NON NE PARLANO

Dunque Giuseppe Sala è indagato. Per il più grosso degli appalti Expo, quello della “piastra” su cui è stata costruita tutta l’esposizione (base d’asta: 272 milioni di euro). Le accuse sono note da anni, erano già state formulate durante un’inchiesta della Procura di Milano del 2014. Per riuscire a ogni costo a finire in tempo i lavori, Sala non ha annullato la gara, vinta nel 2012 dalla Mantovani in modo anomalo, con un ribasso del 42 per cento, offrendo una cifra che “non era idonea neppure a coprire i costi”, annotavano i pm nella loro richiesta d’archiviazione, segnalando anche “numerose anomalie e irregolarità amministrative”, sia nella “scelta del contraente”, sia “nella fase esecutiva”.

Per non far saltare la gara, Sala avrebbe anche falsificato una data, retrodatandola. E poi avrebbe “aggiustato” con la Mantovani le cose: avevano vinto il 3 agosto 2012 offrendo soli 165,1 milioni. Il commissario si accorda concedendo alla Mantovani prezzi più alti per nuovi lavori aggiuntivi, in modo da compensare il mega-ribasso iniziale. Per esempio, i 6mila alberi di Expo, comprati in un vivaio a 266 euro l’uno, sono stati pagati da Sala alla Mantovani 716 euro l’uno. Con un contratto affidato nel luglio 2013, senza gara, all’impresa per un importo di 4,3 milioni; la Mantovani nel novembre successivo stipula un contratto di subfornitura con un’impresa vivaistica per 1,6 milioni.


L’inchiesta della Procura di Milano rileva tutte queste anomalie, ma è azzoppata dallo scontro tra il procuratore Edmondo Bruti Liberati e l’aggiunto Alfredo Robledo. Bruti Liberati aveva avocato ogni inchiesta sull’esposizione universale, costituendo una “Area omogenea Expo” di cui aveva assunto personalmente il coordinamento, esautorando Robledo. Quella struttura organizzativa era poi stata dichiarata non legittima.

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, a cose fatte, ringrazierà Bruti per la sua “sensibilità istituzionale”. Ma quando nel 2016 la Procura chiude l’indagine e chiede l’archiviazione, prima il gip Andrea Ghinetti non l’accetta, poi la Procura generale avoca l’inchiesta e chiede altri sei mesi per indagare, iscrivendo anche Sala tra gli indagati.

Fatti minori, si difende Sala, compiuti “in buona fede” per finire i lavori in tempo per aprire Expo. Se anche fosse così, resta da spiegare perché il commissario Expo che aveva forzato le norme e aggirato le regole sia poi stato candidato sindaco: mettendo a rischio Milano e la sua amministrazione e provocando l’attuale crisi istituzionale.

Di Gianni Barbacetto

Mattarellum, nasce l'asse Renzi-Lega. Legge elettorale anti-M5S

E' nato l'asse tra Matteo Renzi e Matteo Salvini. Domenica 18 dicembre 2016 segna una svolta per la politica italiana. All'assemblea nazionale del Partito Democratico l'ex presidente del Consiglio ha lanciato il Mattarellum come sistema elettorale per superare l'Italicum.


Immediato è arrivato l'ok della Lega con le parole del vice-presidente del Senato Roberto Calderoli: "Bene che Renzi stamattina abbia finalmente proposto il Mattarellum, una legge elettorale rapidamente approvabile in modo da poter altrettanto rapidamente tornare al voto. Anche se Renzi così contraddice completamente la sua precedente proposta elettorale, l'Italicum, approvata peraltro con tre soli voti di fiducia, e quindi con la sua apertura di oggi si sta 'autosfiduciando'".

Il Mattarellum prevede che il 75% dei parlamentari venga eletto con i collegi uninominali a turno unico, in sostanza vince chi arriva primo (previste anche le coalizioni), e il restante 25% su base proporzionale. Si tratta di una legge elettorale chiaramente anti-Movimento 5 Stelle che con questo sistema di voto rischia di ottenere una rappresentanza molto esigua in Parlamento. Se l'Italicum era la legge ideale per i grillini, il Mattarellum riporta la sfida tra Pd e Centrodestra. Ma Forza Italia e Silvio Berlusconi potrebbero mettersi di traverso.

L'ex Cavaliere infatti punta sul proporzionale per poter poi sganciarsi da Salvini e Meloni e tentare di governare con il Pd. Ma il Mattarellum obbligherebbe Berlusconi ad una chiara scelta di campo rinunciando alla politica dei due forni e del piede in due scarpe. Ed è così che, almeno sulla legge elettorale, nasce un inedito asse tra i due Matteo, Renzi e Salvini, che per anni si sono scontrati senza esclusione di colpi. Bisognerà vedere se in Parlamento ci saranno i numeri, ma la sinistra radicale potrebbe comunque appoggiare il Mattarellum rendendo inutile l'opposizione di Forza Italia e 5 Stelle. 

FONTE:

http://www.affaritaliani.it/politica/mattarellum-nasce-l-asse-renzi-lega-legge-elettorale-anti-m5s-455120.html

“GENTILONI E’ UN TRADITORE DELLA PATRIA E VOI UN GREGGE DI PECORONI!” IL PROFESSOR BECCHI SUONA LA SVEGLIA AGLI ITALIANI IN DIRETTA TV

Paolo Becchi su SkyTg24 dopo la nomina di Paolo Gentiloni e dei suoi ministri fotocopia.

“Gentiloni si può definire molto semplicemente con tre parole: è un traditore della Patria. È uno che svende gli ultimi elementi di sovranità ancora presenti nel nostro Paese all’Unione Europea. E il compito che ha da realizzare è questo: la distruzione totale del nostro Paese, cominciata con il colpo di Stato di Mario Monti. Punto!




Immenso Becchi- Gentiloni traditore della... di bigcocomero

Il compito che ha Gentiloni è quello che è stato bocciato dalla riforma, perché la Riforma (tra virgolette, “riforma”) prevedeva l’entrata dell’Unione Europea nella nostra Costituzione. Ebbene: non ce l’hanno fatta in questo modo, non è entrata dalla porta, e ce la fanno entrare dalla finestra del Governo Gentiloni. Questo è il fatto.

Un altro punto vorrei toccare: “non c’è la legge elettorale”. Ma come non c’è la legge elettorale!? Il “Consultellum” c’è! La sentenza della Corte Costituzionale sul Porcellum ha fatto emergere che al Senato, al momento attuale, vige il Consultellum. Sarebbe sufficiente abrogare con un articolo di legge l’Italicum ed immediatamente, in maniera automatica, il Consultellum (il proporzionale con sbarramento) verrebbe anche applicato alla Camera. Si può fare. In due giorni si può fare. E voi mentite!

Ma in ogni caso noi a votare non ci andremo! E se ci andremo, sarà sicuramente dopo il 15 di settembre, perché quel gregge di pecoroni che è in Parlamento – e che non ci torneranno più – mai metteranno in discussione il loro vitalizio!

giovedì 15 dicembre 2016

1 ORA A SETTIMANA PER 15MILA EURO AL MESE: SAI CHI HA QUESTO RECORD DI PARASSITISMO? PROVA AD INDOVINARE

Sicilia, l’Assemblea regionale lavora un’ora a settimana e costa 27 euro al minuto
Palazzo dei Normanni impantanato da mesi: l’ultima legge è di fine luglio. Commissioni bloccate e continui ricorsi mentre i dipendenti (e anche alcuni onorevoli) protestano: “Fateci lavorare”. Ogni deputato è costato 27 euro al minuto perché ha guadagnato 1.614 euro per ognuna delle tre ore trascorse nell’aula del Parlamentino
Hanno lavorato tre ore e mezza in tre settimane con costi esorbitanti per la collettività: per ogni minuto trascorso in aula dai 90 deputati siciliani, i cittadini hanno pagato 40mila euro. E ogni deputato è costato 27 euro al minuto perché ha guadagnato 1.614 euro per ognuna delle tre ore trascorse nell’aula del Parlamento più antico del mondo. E più fannullone. Impantanata da mesi in un sostanziale stallo dietro il quale, immersa in una crisi continuamente “percepita” ma mai formalizzata, si giocano continuamente i destini del governo Crocetta, l’assemblea regionale siciliana vanta un altro record negativo: l’ultima legge approvata risale al 31 luglio scorso, ed era il terzo spezzone della finanziaria di Crocetta, poi il deserto. In tre settimane l’aula è stata convocata solo per tre ore e mezza e le commissioni legislative non hanno fatto di più.
Dall’inizio di ottobre la commissione attività produttive e quella Ue si sono riunite una volta sola,due volte la commissione Bilancio e la Sanità. Un po’ meglio hanno fatto la commissione Ambientee la commissione Affari istituzionali, anche se non superano un’unica riunione la settimana. La politica si fa fuori dall’aula di palazzo dei Normanni tra improbabili ricorsi contro l’esito delle mini-elezioni di Rosolini e Pachino, la proclamazione degli eletti e le iperboliche interpretazioni delle norme elettorali, come quelle di Vincenzo Vinciullo (Forza Italia) che vuole fare reinsediare la giunta di Rosario Crocetta, in quanto, secondo Vinciullo, eletto anch’egli nella mini prova elettorale della scorsa settimana e quindi non nella pienezza dei suoi poteri. Situazione sfiancante anche per alcuni deputati zelanti, che hanno trasferito dentro l’aula il grido di protesta indirizzato a Crocetta e al presidente dell’Ars, lo stesso che centinaia di precari e disoccupati lanciano ogni giorno fuori del portone di palazzo dei Normanni: “Fateci lavorare”.



900MILA EURO DI VITALIZIO PER 4 ANNI DA DEPUTATO: E’ SCALFARI IL PARASSITA DA RECORD. FU ELETTO DAL ’68 AL ’72 E DA ALLORA INCASSA LA PREBENDA. CHE PAGHI TU CON LE TUE TASSE

“Pochi se lo ricorderanno. Eugenio Scalfari, il più famoso giornalista italiano vivente, è stato anche un politico in una parte assai breve della sua lunga carriera.
Eletto nel partito socialista, fece il deputato fra il 1968 e il 1972, quattro anni prima di fondare Repubblica”. Inizia con un j’accuse contro il fondatore di Repubblica l’inchiesta di Franco Bechis su Libero sui vitalizi degli ex parlamentari che, nel corso degli ultimi decenni, hanno percepito molto di più di quanto hanno versato.
Grazie a questi pochi anni da deputato Scalfari prende ogni mese un assegno lordo di 2.162,52 euro. “Non è un granché, e Scalfari – scrive Bechis – manco se ne accorgerà: le sue finanze dipendono sicuramente da altro. Però tutti insieme quegli assegnini- il famoso vitalizio degli ex onorevoli- hanno fatto negli anni un assegnone, superiore ai 908mila euro”. Una cifra ben superiore di quella che “la Camera stessa gli aveva messo da parte durante quella legislatura che fu pure sciolta anticipatamente”. “Fra quello che allora fu versato e quello negli anni incassato – spiega Bechis – c’è una differenza da 847mila euro, che mettono Scalfari ai primi posti della classifica dei re del vitalizio. Anche merito della sua buona salute e della evidente longevità”.

Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/politica/scalfari-pomicino-rivera-ecco-i-papponi-vitalizio-1129455.html


Guai per il PD, Beppe Sala indagato per un maxi-appalto

Alla fine Giuseppe Sala è stato indagato. L'ex Mr. Expo, oggi sindaco di Milano, è finito sotto indagine per la vicenda dell'appalto più rilevante delle Esposizioni Universali.  Nel merito i magistrati non hanno mai sentito l'ex commissario straordinario, che ora rilascia una dichiaraione choc: "Apprendo da fonti giornalistiche che sarei iscritto nel registro degli indagati nell'ambito dell'inchiesta sulla piastra Expo. Pur non avendo la benché minima idea delle ipotesi investigative, ho deciso di autosospendermi dalla carica di Sindaco, determinazione che formalizzerò domani mattina nelle mani del Prefetto di Milano". Nel pomeriggio si era vociferato di nuovi indagati per la vicenda dell'appalto della piastra, e alla fine uno di questi si è rivelato essere Beppe Sala, il sindaco di Milano. Il gip dalla procura generale, che ha avocato a sé l'inchiesta nelle scorse settimane, ha quindi deciso per una evoluzione dell'inchiesta. Una avocazione che aveva il sapore dello scontro tra procure. Secondo la procura generale occorrono approfondimenti la nomina dei commissari nella fase pre-gara e l'esecuzione del contratto.


Nell'inchiesta sono già indagati per corruzione e turbativa d'asta gli ex manager di Expo, Antonio Acerbo e Angelo Paris; l'ex presidente di Mantovani, Piergiorgio Baita; Erasmo e Ottavio Cinque, padre e figlio, titolari di Socostramo.

Secondo la procura generale Giuseppe Sala non avrebbe tenuto un comportamento "irreprensibile e lineare". Nelle carte si dice che pur "con gradi di responsabilità diversi attraverso le loro condotte fattive ed omissive hanno comunque contribuito a concretizzare la strategia volta a danneggiare indebitamente la Mantovani (impresa che vinse l'appalto con un ribasso di oltre il 40%, ndr) per tutelare e garantire, si ritiene, più che la società Expo 2015 Spa il loro personale ruolo all'interno della stessa". Secondo l'ex dg di Infrastrutture Lombarde spa Antonio Rognoni, Sala avrebbe detto al manager che "non avevano tempo per potere" verificare la congruità dei "prezzi che erano stati stabiliti da Mantovani" nel corso dell'esecuzione del contratto con l'inserimento di costi aggiuntivi, e "per verificare se l'offerta era anomala o meno".

FONTE:
http://www.affaritaliani.it/milano/expo-beppe-sala-indagato-per-un-maxi-appalto-454854.html

Servizo choc de La Gabbia! Paragone unico in Italia a dire la verità sul Governo fantoccio di Gentiloni

"La Gabbia" lancia un servizio sul nuovo Governo che come i precedenti nasconte moli scheletri nell'armadio
Guardate voi stessi.


UN PIANO DIABOLICO PER NON FARCI VOTARE: COSI’ LA BOLDRINI VUOLE FOTTERE ANCORA GLI ITALIANI


La Boldrini contraria alle elezioni anticipate: “Inopportuno votare per evitare il referendum sul Jobs Act”. E volta le spalle a Renzi che invece vuole il voto in primavera
Una sorta di manifesto porgrammatico, quello enunciato da Laura Boldrini durante la cerimonia dello scambio di auguri con la stampa parlamentare.

Il presidente della Camera ha parlato di voto, referendum, femminicidio e violenza sul web. “Si vota quando il governo non ha più la fiducia del Parlamento – ha specificato – sarà questo il modo per decidere quando si andrà alle urne”. Un messaggio che va a colpire direttamente Matteo Renzi che scalpita per andare al voto in primare. È l’ennesima giravolta della Boldrini che, dopo un periodo da renziana, torna la passionaria al servizio della sinistra radicale.

Durante la cerimonia dello scambio di auguri, la Boldrini ha invitato a Montecitorio le persone colpite dal terremoto per il concerto di Natale: “Mi sembrava un segnale di attenzione invitare a Montecitorio – ha spiegato – sono consapevole che sarà un Natale difficile. Faremo un brindisi tutti quanti insieme nel Transatlantico”. Aldilà dei convenevoli, però, l’incontro con la stampa parlamentare diventa l’occasione per rispondere al ministro del Lavoro Giuliano Poletti che, giusto ieri, aveva parlato di elezioni prima del referendum sul Jobs Act. “Aspettiamo la Corte costituzionale”, ha messo le mani avanti il presidente della Camera invitando il governo a non “fare le elezioni prima del dovuto” per “evitare il referendum“ sulla riforma del lavoro. “Sarebbe inopportuno”, ha sentenziato la Boldrini.

“Tra i compiti del nuovo governo – ha sottolineato – c’è sicuramente la legge elettorale”. Ma, a suo dire, il compito di Paolo Gentiloni e compagni deve andare oltre. Non contempla il voto. Per lei gli italiani non possono ancora andare a votare. “Io ho apprezzato che Gentiloni abbia detto che il governo accompagnerà il Parlamento in questo sforzo. È giusto che sia il Parlamento a elaborare la legge elettorale. Ma – ha avvertito – le riforme non possono essere l’unico mandato di un governo, ci sono le questioni sociali. È importante portare avanti le questioni sociali, spero che il governo metta al primo posto le questioni sociali”. Questo perché, nella sua visione, non c’è spazio per le elezioni. Almeno non nell’immediato.

FONTE;
IL GIORNALE


RIDICOLA BOSCHI: IL SUO PROBLEMA? HA MANDATO UNA CIRCOLARE A TUTTI I DIPENDENTI: “ECCO COME MI DOVETE CHIAMARE”


Può sembrare incredibile, ma all’interno dei palazzi del potere Laura Boldrini docet. Fa scuola, tendenza, moda. Fate voi. E non sugli ultimi arrivati, ma addirittura su chi sta a Palazzo Chigi. Scrive oggi il quotidiano “La Verità” che nientemeno che Maria Elena Boschi da oggi sia da annoverarsi fra le truppe della presidente della Camera. Gli alti papaveri della Presidenza del Consiglio, nelle scorse ore, hanno infatti ricevuto una quantomeno singolare comunicazione. La circolare dispone che “tutti gli atti alla firma o in visione al sottosegretario di Stato dovranno essere scritti con la sottoindicata dicitura: ‘la Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Onorevole Maria Elena Boschi”.
L'arroganza del Potere...

SCANDALO MORETTI: SI FINGE MALATA PER ANDARE IN INDIA AL MATRIMONIO MILIONARIO. PECCATO CHE DOVEVA VOTARE PER IL BILANCIO


1. QUESTO SÌ CHE È LADYLIKE: FINGERSI MALATA PER ANDARE A UN MATRIMONIO MILIARDARIO IN INDIA! L’EX VALCHIRIA BERSANIANA ALESSANDRA MORETTI NE COMBINA UN’ALTRA DELLE SUE
2. IN REGIONE VENETO SI DISCUTEVA LA LEGGE DI BILANCIO, LEI MANDA UN MESSAGGIO AI COLLEGHI PD: ”SONO MALATA”. MA POI PUBBLICA UNA FOTO SU INSTAGRAM DALL’INDIA!
3. STAVA A JAIPUR PER FESTEGGIARE I 4 GIORNI DI NOZZE DEL RICCHISSIMO ORAFO, E RISPONDE CON UNA CERTA FACCIA TOSTA: ”SONO AMMALATA DA VIAGGIO”. E POI BLOCCA IL PROFILO
4. EX VICESINDACO DI VICENZA, EX PORTAVOCE DI BERSANI, EX DEPUTATO ED EX PARLAMENTARE EUROPEO: INCARICHI MAI PORTATI A TERMINE PER BRAMOSIA DI RUOLI SEMPRE PIÙ PRESTIGIOSI
5. IL SALTO DELLA POLTRONA SI È INTERROTTO CON L’UMILIANTE SCONFITTA IN VENETO (22,8%)



1. LA MORETTI FA L’ INDIANA

Filippo Facci per Libero Quotidiano

La diessina Alessandra Moretti, ogni tanto, spara delle cazzate spaziali: ma siamo abituati, l’ abbiamo sempre perdonata perché ha quest’ aria da amica belloccia che devi far ubriacare sperando che la serata finisca bene. Ora però è malata, poverina: qualche giorno fa l’ ha ammesso anche lei per giustificare l’ ennesima sua assenza dal consiglio regionale del Veneto, dove si discuteva la legge di stabilità.

Che malattia ha? Vige la privacy, ma qualcosa si è intuito quando sul suo profilo Instagram la signora ha postato una foto dal luogo di degenza in cui si trova: a Jaipur (India), dove è andata per folleggiare al matrimonio di un imprenditore che ha organizzato quattro giorni di festeggiamenti.

La Moretti non ha violato nessuna regola, risulta semplicemente «assente». Il problema è che l’ hanno beccata, e che lei – ma che simpatica, che disinvolta! – ha risposto così: «Sono ammalata da viaggio». Ecco, che sia malata è l’ unica cosa certa: però stia attenta, si riguardi, sono tempi difficili. Ci sono in giro un sacco di infermieri che la curerebbero con la tomaia delle loro scarpe.

 2. LA MORETTI SE LA GODE IN INDIA

Alessandro Gonzato per Libero Quotidiano

 «Oh, ma dov’ è la Moretti?». «Ssshh! Non c’ è, ha l’ influenza». «Ma come ha l’ influenza, se è in India…». «In India?». «Ma sì, è a Jaipur, ha anche messo delle sue foto su Instagram. Guardate!». «Ma va in mona, non è vero! Aveva detto che stava male!». «Macché male, è stata lei a pubblicarle!».

Siamo nell’ aula del Consiglio regionale del Veneto. In pochi secondi il surreale dialogo tra alcuni consiglieri deflagra. Risate da una parte, quella della maggioranza, Lega, Forza Italia, Fratelli d’ Italia e civiche varie di centrodestra. Imbarazzo e scrolloni di testa dall’ altra, quella dell’ opposizione, soprattutto Pd, di cui Alessandra Moretti è addirittura capogruppo.

L’ ex vicesindaco di Vicenza, ex deputato ed ex parlamentare europeo renziano (prima era la portavoce di Bersani) – incarichi mai portati a termine per bramosia di ruoli sempre più prestigiosi – ne ha combinata un’ altra. A Venezia, l’ altro giorno, si discuteva sul “collegato alla legge di stabilità”. Di cose importanti, dunque, mica dello “stile Ladylike”, uno degli argomenti di punta sfoderati dalla Moretti durante la disastrosa campagna per le regionali del 2015.

Ma il capogruppo Dem non c’ era. A molti colleghi aveva detto di essere in malattia. In realtà, assieme all’ assessore alla Sicurezza di Vicenza, Dario Rotondi, presenziava allo sfarzoso matrimonio di Jorge Sharma, imprenditore del settore orafo. Jorge, per il matrimonio con la sua Venuka – celebrato lunedì – ha voluto con sé tutti gli amici, tra cui Alessandra.

Ospitati al Rajmahal Palace di Jaipur, un 5 stelle con stanze grandi quanto appartamenti e piscine immerse in saloni da mille e una notte: è stata festa grande e lussuosa.

Le celebrazioni sono durate quattro giorni – da sabato a martedì – ma quanto sia effettivamente durato il soggiorno indiano di Ladylike non lo sappiamo. Così come non abbiamo certezza, e anche se le fonti sono attendibili (“Il Giornale di Vicenza”, il primo a segnalare una delle fotografie) si fa fatica a credere, se sia autentica la giustificazione della diretta interessata: «Sono fuori città e ammalata da viaggio».

Ma che cosa diavolo vuol dire? Boh. In ogni caso, non affannatevi a cercare le foto su Instagram: accortasi della gaffe, la Moretti ha bloccato il suo profilo. E dunque non potete rintracciare nemmeno il suo commento a uno degli scatti che la ritrae accovacciata in mezzo a donne e bambini: «Un viaggio che apre gli occhi sul mondo».

Già.

 Per Alessandra è una gaffe dietro l’ altra, e non citiamo quelle più datate. Pochi giorni fa aveva criticato la decisione del Consiglio regionale di votare a favore del bilinguismo veneto-italiano. Per risposta si era beccata proprio dell’«assenteista» dal consigliere della Lega Nicola Finco. D’ altronde, che la Moretti sia spesso assente è un dato di fatto, e infatti anche quando era stato votato il bilinguismo non c’ era.

A inizio novembre, dopo aver fatto il diavolo a quattro per far cambiare l’ ordine del giorno di una seduta, finalmente – alle 21 – era arrivato il momento di discutere una sua mozione per intitolare un’ aula del Consiglio a Valeria Solesin, la giovane ricercatrice veneziana uccisa nella strage del Bataclan di Parigi. Com’ è andata? La mozione è passata, ma al momento di illustrarla la Moretti non c’ era. E l’ aveva proposta lei! «Aveva un impegno» era stata la giustificazione di un collega del Pd. A quel punto il consigliere “zaiano” Valdegamberi se n’ era andato sbattendo la porta e seminando imprecazioni.



Sul sito www.alessandramoretti.it, ultimo aggiornamento risalente al 1° giugno 2015, campeggia una dichiarazione: «Congratulazioni a Zaia. È stata una campagna elettorale bellissima, ora faremo opposizione». Dall’ India?

FONTE:
DAGOSPIA

mercoledì 14 dicembre 2016

ALFANO FURIOSO! COSI’ E’ STATO SPUTTANATO PLATEALMENTE IN SENATO: “ALMENO VAI A PRENDERE LEZIONI DI INGLESE”

Durante le dichiarazioni per il voto di fiducia il senatore leghista Candiani ironizza sulla conoscenza dell’inglese da parte di Angelino Alfano. “Adesso prenda lezioni di inglese”. E il nuovo ministro reagisce stizzito: si ferma e guarda fisso verso i banchi della Lega.



Il leghista Candiani ironizza sull'inglese di... di bigcocomero

SI E' INTASCATA 4 MILIONI DI EURO DA QUANDO E' AL PARLAMENTO. ECCO LE CIFRE MONSTRE DELLA PARASSITA FINOCCHIARO, ALLA FACCIA DEGLI ITALIANI



Sono circa 4 milioni di euro quanto lo Stato ha corrisposto ad Anna Finocchiaro, in 29 anni da parlamentare (s.e.o.) oggi Ministro dei Rapporti con il Parlamento. Sembrerebbe che i parlamentari, siano soggetti insostituibili se per i 29 anni lo stesso parlamentare non si dedica ad altro e viene nominato Ministro in un ruolo tecnico amministrativo.

Il Governo ha una media di eta' di circa 50 anni. E' una media alta rispetto alla media europea di 45 anni, con una media di 20 anni di mansioni istituzionali per la maggior parte dei componenti del Governo. Un lavoro a tempo pieno e a vita intera.

FONTE:
http://www.affaritaliani.it/cronache/anna-finocchiaro-il-reddito-online-454620.html